Una lotta per la dignità
Tahir Cinklic ci racconta la sua esperienza nella rubrica "auf der Straße". Vivere in Turchia, per lui essendo curdo era pericoloso. E' stato picchiato e incarcerato per giorni senza una ragione. Quando sua madre e' venuta a mancare non aveva più ragioni per rimanere. E' partito per l’Italia.
Testo: Tahir Cinklic
Foto: Ludwig Thalheimer
Un articolo del giornale di strada zebra. del settembre 2021.
Vivere in Turchia, per me che sono curdo, era pericoloso. Sono stato picchiato e incarcerato per giorni senza una ragione. Quando mia madre è venuta a mancare non avevo più ragioni per rimanere. Sono partito per l’Italia, ma anche qui è dura se sei costretto a vivere per strada.
Vivere in Turchia, per me che sono curdo, era pericoloso. Sono stato picchiato e incarcerato per giorni senza una ragione. Quando mia madre è venuta a mancare non avevo più ragioni per rimanere. Sono partito per l’Italia, ma anche qui è dura se sei costretto a vivere per strada.
Mi chiamo Tahir Cinklic e vengo dalla Turchia. Abito in Italia da 5 anni. Ho avviato la procedura di per il riconoscimento della protezione internazionale a Como, poi sono stato trasferito a Savona. Dopo aver ottenuto il riconoscimento dell’asilo politico, non trovando lavoro, ho deciso di trasferirmi a Bolzano. Avevo sentito dire che qui ci sarebbero state più possibilità, soprattutto per chi come me conosce il tedesco. Tanti anni fa, infatti, ho vissuto a Colonia, dove ho lavorato come operaio addetto alle pulizie e come pizzaiolo. Sono però poi dovuto tornare in Turchia. Mia madre stava male e dovevo prendermi cura di lei. Una volta a casa ho avuto molti problemi a causa delle mie posizioni politiche anti-Erdogan. Per questo, quando mia madre è venuta a mancare, nel 2014, ho lasciato il mio Paese una volta per tutte. Da più di un anno vivo a Bolzano, dove la vita è davvero dura per chi non ha niente. Ho dormito a lungo sotto i ponti, trascorrendo le giornate alla ricerca di un lavoro. Le ditte in questo periodo non assumono e, a 56 anni, col passare del tempo avrò sempre meno chance. Ho un parente in Svizzera che mi dà una mano e ogni tanto mi invia un po‘ di soldi, ma senza un lavoro stabile è impossibile affitare una casa o una stanza con regolare contratto.
Per fortuna non sono solo. Sotto il ponte di via Roma ci sono tante persone con tende e materassi. Ci siamo organizzati da soli, non abbiamo avuto molta scelta. La strada è lo specchio della nostra società: ci sono persone eccezionali, così come altre che è meglio evitare. Un giorno ho trovato una persona con le mani nel mio zaino, probabilmente in cerca di soldi. Bisogna stare sempre vigili.
Oltre a me, sono tanti i ragazzi che hanno ottenuto l‘asilo politico – quindi la protezione da parte dello Stato italiano - ma non hanno un posto dove stare. È assurdo. Bolzano è una città ricca, ma a volte ho l’impressione che la gente „normale“ preferisca non vedere queste situazioni. Mi sono rivolto anche al Sindaco, ma ovunque sia andato, sono stato rimpallato a un altro ufficio. La pandemia poi ha complicato tutto. A marzo bisognava stare a casa. Bene, come potevo farlo non avendo un tetto sopra la testa? Le soluzioni di emergenza non risolvono il problema. A volte, paradossalmente, penso sia più confortevole vivere in un accampamento informale, dove almeno posso sdraiarmi su un vero materasso e non su uno di quei materassini sottili che si trovano in questi rifugi. Ci ho provato a stare lì, ma non ho resistito alle luci accese a lungo, a contatto con tantissime altre persone. Non so come sarà il posto che dovrebbe aprire il 20 alla Fiera. Per ora, insieme a un mio amico, ho trovato un posto letto in nero e posso tirare il fiato, almeno per un po‘. In strada ogni giorno è una lotta per conservare intatta la propria dignità di essere umano.