Oro rosso Un articolo del giornale di strada zebra.
Sono quasi 300 le varietà di pomodoro prodotte e vendute in Italia. Il frutto protagonista di molte ricette tradizionali italiane però viene, in realtà, da oltreoceano e ha una storia tutta da raccontare. Clima, pandemia e crisi della logistica sono fattori che vanno a braccetto con una condizione che da troppi anni caratterizza il lavoro agricolo nel nostro Paese: il caporalato. Tra non molto il pomodoro potrebbe arrivare a valere quanto l’oro. Ma qual è il suo vero prezzo?
Testo: Asia Rubbo
Foto: Anna Mayr
Un articolo del giornale di strada zebra. del giugno 2022.
Si chiama pomo, ma non è una mela. Può diventare passata, sugo, ketchup e si può tagliare in mille modi diversi. Viene da molto lontano, eppure ora è considerato un frutto tipicamente italiano. Può essere verde, giallo, rosso e tra non molto potrebbe arrivare a valere quanto l’oro. Ma qual è il vero prezzo del pomodoro?
Da un continente all’altro
Il frutto protagonista di molte ricette tradizionali italiane viene, in realtà, da oltreoceano e ha una storia tutta da raccontare. Il pomodoro selvatico è originario del Sudamerica occidentale, ma venne messo a coltivazione dai Maya e poi dagli Atzechi nell’America centrale. La “scoperta” del pomodoro da parte dell’Occidente, quindi, è legata alla “scoperta” delle Americhe: fu proprio in Messico che Cortés venne a conoscenza del frutto per la prima volta fra il 1519 ed il 1521. I coloni, di ritorno in Spagna, portarono con loro anche i semi del pomodoro e chiamarono il frutto “tomate” ispirandosi al termine indigeno “tomatl”, che stava a significare “tondeggiante, rigonfio”. Quella del pomodoro, però, non è la storia di un successo istantaneo: pare che le prime varietà introdotte in Europa contenessero una quantità troppo elevata di solanina che rendeva il frutto praticamente immangiabile. Solo dopo diverse selezioni negli orti botanici, il pomodoro ha assunto quel sapore di cui oggi non sapremmo fare a meno. Com’è giunto il pomodoro in Italia? Anche in questo caso, con la dominazione e la contaminazione: nella metà del ‘500 alcune zone dell’Italia erano sotto il controllo spagnolo e per questo fu la Sicilia la prima regione a conoscerlo con il nome di “pumurammuri”, dal francese “pomme d’amour”. Presto questo “pomo d’amore” si diffuse in tutto il Sud Italia, con il nome “pomo d’oro” e, a Napoli, di “pommarola”. Con gli anni il pomodoro conquistò l’intera penisola ma non senza difficoltà: il suo essere “esotico” portò la maggior parte delle persone alla diffidenza. Ci vollero circa duecento anni perché il pomodoro cominciasse ad essere apprezzato.
"La raccolta e il consumo di pomodori sono a rischio."
Un clima difficile
Che il pomodoro sia così diffuso in Spagna e in Italia è una questione di clima. Le temperature miti, il sole e la macchia mediterranea ne hanno reso semplicissima la coltivazione. Negli ultimi vent’anni, tuttavia, il riscaldamento globale ha influenzato irrimediabilmente anche l’agricoltura e la raccolta dei pomodori, com’è avvenuto la scorsa estate. La Confederazione italiana agricoltori ha evidenziato quanto il clima sempre più estremo e imprevedibile abbia causato uno shock termico-idrico, con gravi conseguenze sulla coltivazione dei pomodori. A mancare è stata soprattutto l’acqua e, come si è visto anche lo scorso inverno, la siccità è e continuerà a essere un problema. Al freddo e alle piogge torrenziali, segue un caldo secco e torrido, che prosciuga i campi e gli ortaggi. Sempre secondo la Confederazione italiana agricoltori, si sono registrate anomalie anche nella maturazione dei frutti. Questo rende difficile calcolare con precisione la produzione e la distribuzione dei pomodori. Al clima estremo si aggiungono altri fattori che continueranno a rendere la raccolta dei pomodori sempre più ardua: la mancanza di manodopera e la crisi del settore logistico, quest’ultima già presente ma accentuata dalla veloce ripartenza dell’economia dopo i mesi della pandemia. Mancano i braccianti nei campi e gli autotrasportatori che portano i pomodori negli impianti di trasformazione entro 24 ore, prima che marciscano. Il danno riguarda soprattutto le regioni meridionali, come Puglia, Campania, Molise e Basilicata dove i pomodori si raccolgono chinati a terra, sotto il sole, per tutta l’estate. Al contrario, nella maggior parte delle regioni del Centro Nord, la raccolta dei pomodori (quelli da industria, che diventeranno passata) è quasi completamente meccanizzata. Il clima avrà, nel breve e soprattutto nel lungo periodo, numerose conseguenze sul nostro modo di consumare e di stare a tavola.
Rosso sangue
Clima, pandemia e crisi della logistica sono fattori che vanno a braccetto con una condizione che da troppi anni caratterizza il lavoro agricolo nel nostro Paese: il caporalato. Oggi, la filiera produttiva dei pomodori, sottostà a logiche di potere non solo economico, ma sociale e antropologico, con gravi conseguenze sulla vita delle persone: molti si vedono vessati da pochi, che negano loro diritti basilari e li riducono in uno stato di moderna schiavitù. Questo fenomeno riguarda in larga parte cittadini*e stranieri*e, spesso irregolari sul territorio, che entrano nelle maglie dei caporali poiché già in una condizione di estrema vulnerabilità. Il caporale è colui che recluta i braccianti in maniera illegale e che li comanda senza rispetto dei loro diritti di lavoratori e lavoratrici. Il caporalato affonda le sue radici nelle logiche mafiose e di sfruttamento, che spogliano le persone di ogni identità e diritto. Grazie a denunce, proteste e scioperi negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti, uno su tutti l’introduzione della legge 199 del 2016, che contrasta lo sfruttamento del lavoro agricolo e il fenomeno criminale del caporalato, arrivando a punire non solo il caporale, ma anche il titolare dell’azienda. Purtroppo, una legge non basta a eliminare un fenomeno criminale di queste dimensioni. Troppe sono le persone che continuano a vivere questa condizione o che sono morte chine sotto il sole per la fatica o per la denutrizione, dopo un’estate di lavoro senza mai una sosta. Dal 2013 al 2019, 1500 braccianti hanno perso la vita lavorando, vittime di un sistema che accetta che 30 giorni di lavoro siano pagati 200 euro in nero, senza copertura sanitaria, senza diritto alla casa o ad una pausa. Questo fenomeno, però, non è da considerarsi altro rispetto al sistema economico e sociale che lo permette, poiché a creare le condizioni per lo sfruttamento è la competizione sul prezzo. Bisogna abbassare il prezzo, tagliare i costi del lavoro e garantire il prodotto: per far sì che questo meccanismo funzioni, le più di 400.000 persone a rischio caporalato sono indispensabili a discapito del prezzo più alto, la loro libertà.
"Saremmo pronti a rinunciare un piatto di spaghetti con la salsa di pomodoro?"
Gusto giusto
Negli ultimi due anni, la filiera del pomodoro è cambiata profondamente. Fino al 2020 l’Italia era il terzo esportatore di pomodori nel mondo, mentre nel 2021 è raddoppiata l’importazione di derivati di pomodoro nel
nostro Paese dalla Cina, a causa del crescente fabbisogno. Questo l’allarme lanciato dalla Coldiretti, che evidenzia il rischio che il prodotto importato venga spacciato sui mercati nazionali ed esteri come “made in Italy” ai danni del prodotto, del produttore e del consumatore. Ma se da un lato l’importazione dalla Cina potrebbe minare la produzione italiana e, dall’altro, una grande fetta della produzione italiana sottostà a logiche di nuovo schiavismo, quand’è che un pomodoro ha davvero un gusto giusto? Se è vero che un singolo può poco contro il cambiamento climatico, contro il caporalato e contro le logiche di mercato, è altrettanto vero che le scelte individuali possono influenzare quella del gruppo. Il potere è nelle mani del consumatore: in Italia esistono diverse aziende che producono pomodori nel pieno rispetto dei diritti delle persone, all’interno di una filiera etica che garantisce gusto e giustizia. Una di queste realtà è “No Cap”, associazione nata nel 2017 su iniziativa di Yvan Sagnet, un tempo bracciante e oggi attivista e scrittore camerunense, tra i promotori nel 2011 di uno sciopero per i diritti dei lavoratori stranieri e di denuncia rispetto balla condizione nei campi in Puglia. Nel 2021 sono stati 50 i braccianti regolarmente assunti da un’azienda pugliese secondo gli standard etici di “No Cap”. Fondamentale è tessere legami con le aziende e i supermercati, per provocare una rivoluzione gentile che impatta concretamente sulla vita delle persone. Anche Altromercato può contare su diverse aziende produttrici di pomodori “caporalato free”, che sono parte della rete “Solidale italiano” e tante altre sono le realtà, piccole o medie, che ogni giorno si impegnano per costruire un’economia che metta al centro la persona. La storia del pomodoro è quella di un oro rosso, che partito dalle Americhe e arrivato in Europa, guadagnandosi con gli anni una fama mondiale. Proviamo a immaginare un piatto di spaghetti senza la salsa di pomodoro. Saremmo davvero pronti a rinunciarci? Questa piccola sfera rossa racconta molto di noi in quanto comunità, del sistema economico e sociale in cui siamo immersi. La sorte del pomodoro, in tutte le sue varietà, è strettamente legata alla nostra: avere cura del pianeta, riflettere sulle nostre scelte di acquisto e conoscere la filiera di produzione di ciò che acquistiamo sono gesti piccoli, apparentemente insignificanti. Eppure, sono proprio questi gesti che contribuiscono a proteggere il gusto di quella salsa rossa, ma anche i diritti di chi la produce e quindi anche i nostri.